Volersi spostare dalla Penisola di Snaefellsnes in Islanda per andare verso nord può diventare un problema, dipende dalla strada che vuoi percorrere. Non che ci siano grandi scelte: le strade sono due. Una comoda, asfaltata, civilizzata, che per andare a nord prima torna drasticamente a sud, fa una S e finalmente vira verso nord. Una scomoda, sterrata, sconsigliata, quasi una pista, pericolosa, solitaria, che punta subito a nord.
Jon ha più volte tentato di convincere i turisti che lo hanno chiamato che quella strada non è percorribile. Ha fatto un prezzo altissimo per il viaggio in taxi ma i turisti non hanno mollato. Ha provato a dire che non la conosce bene quella strada ma niente, ha trovato gli amanti dell’imprevisto. Così, veramente a malincuore, ha accettato di trasportare i due testardi. È pure arrivato in ritardo all’appuntamento, chissà magari ci hanno ripensato. E invece li trova sorridenti nel piazzale dove si sono dati appuntamento.
Jon è un taxista che viene dalla città e quindi odia quelle strade sterrate che fanno tanto gola ai tour operator di tutto il mondo. Il suo taxi è la sua casa e la sua fonte di reddito e non ha proprio voglia di finire in un burrone.
Vorrebbe anche stare muto durante il viaggio, nascondendosi dietro un malconcio inglese, ma i turisti sono avidi di informazioni non patinate, sono esperti di Islanda e quindi non si accontentano dei clichè. Ecco perché vogliono fare quella strada. Questo punto è a loro favore, pensa Jon senza farsi notare dai suoi strani clienti.
Jon quindi cede piano piano alla conversazione. All’inizio le sue risposte non si allontanano dal yes or no, poi questa coppia inizia ad interessargli sempre di più, perché gli argomenti sono profondi. Non si parla di quanto è cara l’Islanda ma di come i contadini proteggono le terre dalle frequenti inondazioni, del rettir di pecore, di cosa sarebbe meglio fare per preservare la natura incontaminata.
Così Jon, che invece quella strada la conosce benissimo, comincia a dispensare dettagli su quello che vedono fuori dal finestrino, soprattutto sui tanti cavalli solitari che vedono lontano.
Jon i cavalli li conosce, anzi sono la sua vera passione. Purtroppo fare il tassista è un ripiego.
Invece parlare delle sue estati da bambino quando cavalcava a pelo insieme a suo padre lo emoziona. I suoi occhi gelidi come l’artico si inumidiscono, i cavalli non sono più animali ma storie che lo portano altrove.
E così Jon spiega perché quando arriva l’autunno percorre più di 500 chilometri per andare a comprare l’erba tagliata più pregiata; gli costa una fortuna ma è più profumata, viene da terreni più fertili e alle sue bestie gli piace di più. E ormai come un fiume in piena Jon spiega delle lunghe cavalcate che lui e i suoi amici organizzano, percorrendo piste conosciute solo a pochi, con la regola di chiedere sempre il permesso, perché quando si passa dai terreni altrui anche se non sono recintati bisogna rispettare il territorio.
Ai turisti ormai non gliene importa più di tanto della strada che stanno percorrendo; Jon è un magnete, li attrae, li porta nel suo mondo.
Ad un certo punto Jon, ormai slacciato, chiede ai turisti se hanno voglia di fare una deviazione, perché a pochi chilometri da dove si trovano ci sono i suoi cavalli. Ne possiede 5, liberi di vagare nella sua proprietà.
E così il taxi, omologato per le strade a scorrimento veloce, si inerpica su uno sterrato ancora più ardito, per fermarsi in un campo vastissimo.
Basta un fischio e anche se sono distanti, i cavalli arrivano. Jon parla loro come se fossero dei figli; ognuno ha un nome e un comportamento preciso. La cavalla più giovane fa la preziosa, i due fratelli lottano per il primato del più bello, l’esperta del gruppo li riporta tutti agli ordini. Tutti sono autonomi, è estate e il cibo non gli manca, ma si appiccicano a Jon come colla. Sentono la sua presenza e tramite un linguaggio fatto di gesti e intese, si parlano.
Jon vorrebbe venire qui tutti i giorni ma ci viene raramente, perché il taxi lo catapulta sempre in un mondo che non gli piace. Un mondo frettoloso mentre lui ama non contare più il tempo. Un mondo rumoroso mentre lui vuole godersi i suoi cavalli muti.
Accarezzandoli Jon si commuove.
Si dice che la razza di cavalli islandesi ha origine antiche, forse dalla Mongolia o dai Vichinghi. Popoli nomadi e robusti, esternamente ruvidi ma pronti a non trattenere più le lacrime.
Come Jon, un vero taxi horse driver.
VA