La chiamano tranvia, elettrovia o anche trenovia o più popolarmente dentada. Un nome solo non basta per un veicolo unico nel suo genere. Parte come un tram urbano, si trasforma in funicolare e finisce il suo cammino come tranvia extraurbana. Per i patiti del trasporto pubblico e per i cultori della mobilità sostenibile è un'occasione da non perdere. Stiamo parlando della linea che a Trieste collega il centro città alla frazione Opicina (si chiamerebbe Villa Opicina...), il mezzo migliore per avvicinare le numerose attrattive naturalistiche dell'altopiano carsico, da esplorare poi a piedi o in bicicletta.
Visitata Trieste con il suo suggestivo Molo Audace, il giorno dopo bisogna partire di buon mattino, dal capolinea di piazza Oberdan. Si sorseggia un caffè al chiosco mentre fuori dalla porta attende paziente una vettura color blu e panna. Qualcuno è già dentro, seduto. Nei giorni di festa la vettura si riempie in fretta, i triestini vanno a fare due passi all'Obelisco, poi giù per la strada Vicentina magari fino a Prosecco a vedere i free-climber sulla parete del monte Grisa o a mangiare pane e prosciutto di San Daniele al ristoro di Borgo San Nazario. Ci sono tanti buoni motivi per usare la tramvia di Opicina.
La vettura sobbalza come se avesse preso una scossa e parte allegra per le vie di Trieste. Dopo due curve si ferma in piazza Scorcola, cambia di binario e retrocede di qualche metro. Noi ignari pensiamo ad un imprevisto. No, si sente un altro colpo, secco, di respingente. Uno strano aggeggio si è attaccato dietro e ora comincia a lavorare di spinta. La vettura sembra sollevarsi e riparte con impeto. L'"aggeggio" si chiama carro-scudo perchè salvagurdia la stabilità nel tratto più duro della salita, dove l'aderenza è assicurata da una fune.
D'improvviso le case prendono una strana inclinazione. I passeggeri seduti puntano i piedi. Si sale, si sale forte. Sopra i tetti arrivano i raggi di sole. La giornata è splendida, pulita, il panorama si apre come una scatola. Ora si capisce tutto di Trieste: il mare e la città sotto, il carso sopra e dietro; il grande porto, le vele al largo, la baia di Muggia, le punte dell'Istria da una parte e la bassa linea delle lagune di Grado dall'altra. A metà via la nostra vettura incrocia quella che scende, poi alla stazione di Scorcola un'altra sosta: il carro-scudo ha finito il suo compito e si lascia andare.
Un'impolverata guida datata 1920, sembra a suo agio fra le panchine in legno e i lucidi ottoni dei corrimano. Ne approfittiamo per sapere che "...la linea, di 6,2 km, è a scartamento ridotto, con pendenza 6-9% a semplice adesione e fino a 25% per un tratto di 869 metri, in cui la vettura auto motrice è spinta o frenata da un locomotore elettrico supplementare. Vi sono queste fermate: piazza Scorcola, Romagna Scorcola, Cologna, Conconello, Banne, Poggio Reale (Obelisco) quota mt344. Tariffa unica 1 LIra. Parte ogni mezz'ora e anche più spesso secondo stagioni e giornate. Le domeniche e le feste con il primo e secondo treno, si accettano le bicicletta".
Conforta sapere che dopo un secolo nulla è cambiato: ora le bici si accettano sempre, appese a un gancio davanti al manovratore; la tariffa è salita a 3,50 euro, ma vale tutto il giorno; le frequenze sono passate da mezz'ora a venti minuti. Le vetture sono più moderne (si fa per dire) visto che sono entrate in esercizio nel 1935; sono più capienti, ma sopratutto con il loro peso tolgono il rischio che con la bora capottino, come si temeva con gli originali vagoncini in legno.
Durante il viaggio c'è il tempo di lanciare lo sguardo oltre i muri di cinta, ammirare i bei giardini della collina, le tenaci terrazze delle vigne, le edere rosse che girano intorno agli infissi delle ville liberty. Con un grande slancio fra le acacie, sotto il costone del Carso, il tram arriva alla fermata Obelisco. Il luogo è borderline: finisce la città, inizia lo strano altopiano giuliano, crivellato dalle doline, abitato dalla minoranza slovena.
L'Obelisco in pietra bianca, fu eretto nel 1830 per celebrare l'apertura della strada per Lubjana e Vienna. A Trieste c'è sempre stato l'assillo delle strade a causa della situazione geografica: una città stretta contro il mare con una montagna a ridosso. Si avverte ancora una certa impronta imperiale: basta guardare il decaduto albergo dell'Obelisco, meta prediletta dei turisti famosi. Giungevano fin qui ed erano già appagati dalla bellezza dell'Adriatico, ammirato da quest'altezza.
A Poggioreale il tram si svuota. La gente svanisce nelle pinete, c'è chi corre, chi cammina, chi resta fermo, sedotto dal panorama. Si può continuare in tram fino alla non distante Opicina, è ancora un grosso villaggio, che si colloca a metà fra l'ordine svizzero dei suoi villini e l'animazione del mercato orientale. C'è il confine a pochi passi. Non ha più l'impenetrabilità del passato ma è ancora un limite che conserva ricordi. Da qui innumerevoli itinerari da percorrere a piedi o in bicicletta, fra tutti la pedonale strada Vicentina (o strada Napoleonica) in direzione di prosecco.
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Sono trentotto anni che viaggiamo in bici.
Organizzare, progettare un viaggio opss... un CicloViaggio è quasi bello e avvincente come farlo!
Quasi..., perché il bello di un CicloViaggio sta anche nella capacità di modificarlo in corsa. Infatti in bicicletta devi considerare una serie di situazioni che con altri mezzi di trasporto ignoreresti, ma soprattutto in bicicletta (ri) vivi quella sensazione di esploratore che ti porta a costruire il tuo "scoprire" metro dopo metro, orizzonte dopo orizzonte, in bicicletta diventi parte del territorio che attraversi e quindi ti fai condurre verso le sue pieghe più intime.
Così, come facciamo noi.
Buon Viaggio a tutti!
Va... Ste...