Dal basso verso l’alto o viceversa.
Osservando Palermo niente è orizzontale, si viaggia sempre in verticale.
Una serie di circostanze, luoghi, abitudini, rendono la città un incastro, con linee precise.
Per iniziare: era il VII a.C. e i Fenici pensarono di creare il Càssaro, quella strada direttissima che inizia nella parte alta della città e arriva, dopo 2 chilometri, dritta sul mare.
Una linea retta ches erviva per collegare il bello (il porto) al brutto (la necropoli). Qualche secolo più tardi, i viceré spagnoli si affrettavano a costruire dimore e palazzi nobiliari perché l’affaccio sul corso significava avercela fatta, far parte di quelli che contano. Ma quello che sorprende e che accomuna tutti, è la magia che si ripete ad ogni solstizio d’estate: il sole tramonta esattamente al centro della via e la illumina tutta da cima a fondo. Se si è nella parte alta del Càssaro, si viene accecati dalla palla infuocata là in fondo, lontana ma potente. Ecco perché ancora oggi stare sul Corso, vuol dire stare al centro del mondo.
Andando avanti: lunghe file di palme affilate come lame svettano sulle case e sulle chiese; altissime e numerose. In un paesaggio caldo e assetato, le loro chiome verdi paffute si stagliano in alto, ce ne sono a centinaia, nascono spontanee anche nelle aiuole. Per osservarle occorre guardarle da sotto a sopra, ammirarne il fusto, mai uguale. All’Orto Botanico di Palermo ce ne sono oltre 400 di queste palme, un giardino dove perdersi pensando a spiagge caraibiche e mondi ancora da scoprire. Nel palmeto giganti di oltre 40 metri obbligano il visitatore ad un punto di osservazione decisamente verticale.
Lassù il mondo sarà migliore?
Ancora: una discesa nel caos del mercato di Ballarò; un luogo che sprofonda e rinasce ogni giorno, con la vitalità di chi si deve arrangiare quotidianamente. Fermarsi ad osservare questo brulicare di urlatori, carretti, scooter, auto, biciclette in mezzo a banchi di pesce spada crudi e interiora animali grigliate mentre di sottofondo impianti stereo sputano dance anni ’90, è come aprire la porta della cantina, quella dove di solito nessuno vuole entrare perché scomoda e disordinata.
Scendere in basso, in verticale, dove la vita è meno patinata, le mani sono ruvide ma il problem solving super sviluppato.
Laggiù il mondo sarà peggiore?
Continuando: salendo sui tetti del Convento di Santa Caterina e osservando Palermo dall’alto, lo sguardo non vira in basso verso il mare ma corre in su verso le montagne che proteggono la città.
Ce ne sono moltissime, sono brulle, appuntite, aspre, con minuscoli paesini aggrappati ai suoi fianchi in un equilibrio che sembra precario. La brezza marina si scontra con la neve, quasi irreale, che d’inverno si appoggia sulle alture. In basso la piana caotica maricca di frutti, fiori, acqua sotterranea. In alto i solitari
villaggi assetati e ventilati, con qualche gregge di pecore.
Meglio la comoda modernità in basso o l’isolamento di qualche pastore lassù?
Infine: Ruggero II, in pieno Medioevo, nella sua cosiddetta “stanza di Ruggero” si sdraiava a terra e da quella prospettiva ammirava i mosaici esotici da poco realizzati, pieni di alberi tropicali, uccelli variopinti, brio. I tasselli spalmati d’oro gli parlavano di animali feroci, vanto della sua reggia, e di caccia all’alba, minuziosamente descritta dalle migliaia di tasselli colorati sulla volta, ma anche di divertimento, di joie de vivre. Ancora oggi studiosi di tutto il mondo indugiano e si domandano se questa stanza dorata fosse una sala di studio o di diletto, e il viaggiatore moderno, stordito dalla sua bellezza, riflette sulla domanda perdendosi nelle migliaia di colori e geometrie sopra la sua testa. Vorremmo tutti poter affogare in questo mondo d’oro e poterci distendere sul suolo proprio come Ruggero, oziare e fantasticare, perché non esiste punto di osservazione migliore se non quello verticale.
Sarà stato per scienza o per amore?
Al turista che oggi si appresta a visitare la città si consiglia di non utilizzare mappe, GPS, app, ma di perdersi in questo percorso per linee verticale. Si invita il visitatore a cambiare il punto di vista, a scendere verso il basso dei vicoli maleodoranti e scalcinati perché la vita è proprio lì; oppure a guardare in alto oltre quei vicoli, perché c’è un mondo che vi aspetta.
Andare in verticale, appunto.
Dal basso verso l’alto o viceversa.
VA